El dia de los muertos, quando i defunti tornano tra i vivi

Cultura

[ngg src=”galleries” ids=”96″ display=”basic_thumbnail” thumbnail_crop=”0″]Quello della morte è forse il momento meno atteso da parte dell’uomo, ma è anche il momento che caratterizza tutte le esistenze e le accomuna. I riti  relativi alla morte accompagnano la nascita stessa della civiltà e sono strettamente legati alla religione. Sin dall’antichità ogni popolo ha creato in terra un luogo in cui i morti potessero dimorare: gli egizi le piramidi, gli europei i cimiteri, i cinesi le urne in cui conservare le ceneri. E ha poi immaginato altri luoghi in cui i morti trascorressero l’eternità: gli antichi greci il Tartaro,  le popolazioni nordiche il Regno di Hel,  i cristiani Inferno, Purgatorio e Paradiso. Inoltre, tutte le società hanno elaborato dei riti per comunicare con le persone defunte e delle giornate in cui ricordarle. Il 2 novembre è la giornata di commemorazione dei defunti per la Chiesa cattolica. Questa festa, con l’arrivo dei conquistadores spagnoli nell’America Latina, si fuse  con le tradizioni delle civiltà preispaniche presenti in Messico, dando vita a una delle feste più suggestive e affascinanti della cultura messicana: El dia de los muertos. 

Per le civiltà preispaniche il culto dei morti era molto importante e veniva celebrato con  festeggiamenti che si protraevano per più di un mese tra luglio ed agosto. Per queste popolazioni era il modo in cui si moriva a determinare il luogo in cui le anime avrebbero vissuto per l’eternità. Ai morti venivano offerti oggetti che potessero servire nell’altro mondo, in cui si viveva proprio come sulla terra. Con l’arrivo dei conquistadores le tradizioni locali si mescolarono a quelle cristiane. 

Oggi la festa dei morti dura circa dieci giorni e in ogni giornata vengono celebrati i defunti in base alla causa della loro morte. Per le strade delle città messicane si possono trovare molte decorazioni, tra cui i papeles picados, fogli di carta colorati intagliati per formare varie figure legate alla morte, come la Calavera Catrina, la Signora della Morte, raffigurata con uno scheletro in abiti francesi. La festa arriva al suo culmine il 2 novembre, quando le persone care tornano in questo mondo.

Per ricongiungersi ai vivi essenziale è l’altare, l’ofrende, allestito con la foto del defunto, gli oggetti che gli sono appartenuti, il cibo per sfamarlo dopo il lungo viaggio dall’aldilà e in particolare il pan de muertos, dolce tipico della festa, le candele che devono rimanere sempre accese e i petali di calendule. Per le strade si festeggia con sfilate e celebrazioni pubbliche in cui molti si travestono da scheletri. A Città del Messico tutti gli anni si tiene l’esposizione “Mexicráneos”: lungo Paseo de la Reforma sono esposti 50 enormi teschi decorati da artisti locali. 

Certamente quella messicana è una festività molto differente dalla nostra e anche lo spirito con cui la vivono i Messicani è molto diverso da quello con cui i Cristiani vivono il 2 novembre. Ma entrambe sono caratterizzate dalla centralità del ricordo. Ricordo che permette di instaurare quella corrispondenza d’amorosi sensi, come la definiva Foscolo nei Sepolcri, tra vivi e morti e consente ai defunti di continuare a vivere. “Sol chi non lascia eredità d’affetti poca gioia ha dell’urna”. 

https://youtu.be/l3UGmsy94_A