L’Arte Della Resilienza Nelle Pagine Del “Colibrì”

Cultura

di Fausto Mangano

Un romanzo carico e intenso, “Il colibrì” di Sandro Veronesi, ma non per questo pesante e faticoso. La storia del protagonista, Marco Carrera, affettuosamente chiamato dalla madre colibrì per via della sua statura, scorre appassionando e trascinando pagina dopo pagina il lettore, e i suoi amori, i suoi dolori e le sue scelte diventeranno un po’, per certi versi, anche nostri.

La narrazione ruota intorno a due nuclei principali: l’amore eterno di Marco per la sua Luisa, un amore interrotto e ostacolato ma mai dimenticato; e la nascita della piccola Miraijin, la nipote di Marco, che gli farà capire qual è il suo posto nel mondo.

Il romanzo è un bellissimo puzzle, dove in un apparente disordine determinato dal libero succedersi di lettere, inventari, racconti e ricordi, tutto si incastra e converge verso un finale sorprendente.  Ogni capitolo racconta un pezzo della storia di Marco che, come il colibrì, il piccolo uccello che consuma  tutta la sua energia per battere le ali senza muoversi, mette tutta la sua energia nel restare fermo.  Ma la vita procede inesorabile, tra lutti, suicidi, malattie, tradimenti, e le cose intorno a lui, suo malgrado, cambiano. Marco tuttavia resiste con tenacia, non si lascia travolgere dall’incalzare dagli eventi negativi, rimane a galla. Forse proprio la resilienza è la cifra del romanzo, che ci insegna ad accettare ogni cosa perché ogni cosa arriva esattamente quando deve.

Meritatissimo il Premio Strega 2020. 

Sandro Veronesi, Il colibrì, ed. La Nave di Teseo, pagine 368