Al giorno d’oggi, quando sentiamo la parola “schiavitù”, pensiamo automaticamente ad un problema della storia passata, ad una questione chiusa, che non ci riguarda, ma non è così. Il 2 dicembre è la giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù, in ricordo del 2 dicembre 1949, data di adozione dalle Nazioni Unite della Convenzione per la soppressione del traffico di persone e dello sfruttamento della prostituzione altrui. Nonostante sia formalmente illegale in tutto il mondo, dopo 71 anni questo fenomeno non è assolutamente scomparso, è soltanto cambiato ed è attualmente presente in situazioni come la tratta di esseri umani, lo schiavismo sessuale, lo sfruttamento del lavoro minorile e della prostituzione. I risultati della schiavitù sono presenti nel cibo che mangiamo, nei vestiti che indossiamo, nei cellulari, nelle TV, nelle sigarette, nelle bevande, in ciò che appartiene alle nostre vite quotidiane e di cui non ci chiediamo la provenienza. Esempio comune a tutto il mondo sono, per citarne uno, i palloni da calcio con cui tutti abbiamo giocato e che vediamo così spesso in tv, confezionati dai bambini in condizioni disumane per il successo delle Multinazionali, che vedono nella mano d’opera a costo zero ciò che i bambini piccoli vedono nelle caramelle. Per combattere questo fenomeno bisognerebbe smettere di promuovere l’indifferenza e provare più empatia per le vittime soggette a questo tipo di violenza fisica e mentale, sostenendole legalmente, psicologicamente ed economicamente.