Come sopravvivere alle interrogazioni

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Dèsirèe Ranaldi, Maria Sulfaro, Ester Mema, Andrea Popa, Paola Greco, Aurora Abbruzzese, Sophia Molinari, Ludovica Petrone, Martina Durante

La sopravvivenza alle interrogazioni: un vero e proprio campo di battaglia mentale dove solo i più audaci (o quelli più bravi a bluffare) riescono a emergere vittoriosi. Ecco le tecniche più ironiche, ma purtroppo anche abbastanza efficaci, per superare quel momento di pura ansia senza affogare:

1. Il “Non lo so, ma facciamo finta che lo sappia”:
Quando il professore ti guarda fisso con quell’espressione che urla “Voglio una risposta, e voglio che sia giusta!”, ma tu, dentro di te, stai urlando “Aiuto, non ho idea di cosa stia parlando!”, ecco che scatta la tecnica del “bluff”: inizi a parlare come te stesso per dire qualcosa di geniale, ma in realtà stai solo recitando un monologo improvvisato. “La… rivoluzione industriale, beh, è quella cosa in cui le macchine… ecco… e ci sono tante fabbriche… sì, proprio così!” Più parli senza fermarti, più sembri convinto, e più il professore ti guarda con occhi pieni di speranza. L’importante è non fermarsi mai, anche se stai facendo il minimo per non sprofondare nell’oblio.

2. Il “Mi sembra di averlo sentito da qualche parte”:
A volte, basta fare finta di sapere qualcosa che hai sentito a caso in qualche discussione, magari in un film o durante una chiacchierata con un amico che aveva studiato davvero. “Ah sì, c’è quella cosa chiamata ‘teoria delle stringhe’, no? No, non so cosa sia, ma suona bene!” Quella sensazione che, se solo ti metti a parlare abbastanza, probabilmente il professore penserà che hai davvero approfondito l’argomento e non che tu stia cercando disperatamente di non scivolare in un baratro di ignoranza.

3. Il “Faccina da esperto”:
Ecco il trucco del millennio: se non sai niente, fingi di sapere TUTTO. Metti quella faccia da “Oh, so esattamente di cosa stiamo parlando” e inizia a snocciolare concetti che, seppur vagamente correlati, suonano come se fossero il frutto di una lunga riflessione filosofica. Se non ricordi il nome del filosofo, basta dire “Eh, comunque, come diceva Kant…” anche se l’unica cosa che sai su Kant è che aveva un nome che sembrava complicato. Più sembri sicuro, più è probabile che l’insegnante ti lasci parlare fino alla fine, con quella faccia speranzosa che forse, magari, stai dicendo qualcosa di utile. E nel peggiore dei casi, ti darà almeno un “punto per l’impegno”. Un piccolo premio di consolazione.

4. Il “Aiuto, sono in crisi, ma non voglio che si noti”:
Quando proprio non riesci a ricordare nulla e il panico ti sta paralizzando, la chiave è non farlo vedere. Fai una pausa, scrolla la testa come se stessi cercando di evocare i ricordi più nascosti, e poi lanciati in un “mmm, sicuramente… sì, certo… il pensiero di X e Y, che poi si collega con Z…”. In pratica, stai accumulando termini e concetti, anche se non sai che cosa siano, sperando che l’insegnante non ti faccia domande troppo specifiche. La cosa migliore in questi momenti è evitare domande dirette e sbrigarsi a fare una panoramica generale, dove ogni frase suona intelligente, ma non è davvero utile a chi sta ascoltando.

5. Il “Sorriso da sopravvissuto”:
Se tutto il resto fallisce, l’unica opzione rimasta è il sorriso. Il sorriso di chi è stato travolto dalla situazione, ma ha deciso di rimanere in piedi. Quando finalmente la tua “risposta” è finita, e ti guardi intorno come se stessi cercando il rifugio di un angolo sicuro, basta sorridere e sperare che il professore noti il tuo “impegno” (anche se non hai proprio risposto alla domanda). E se il voto non sarà il massimo, almeno avrai conquistato il rispetto per il coraggio di continuare, anche quando ogni cellula del tuo corpo urlava per un’uscita di emergenza.

Alla fine, sopravvivere a un’interrogazione è come vincere una battaglia con la propria sanità mentale. Non importa quale sia il voto, quello che conta è che sei riuscito a non crollare sotto il peso della pressione. E quando finalmente scivoli fuori dalla classe, ti senti come se avessi scalato una montagna. Certo, ti aspetta un altro esame domani, ma quella è un’altra storia.

 

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